L’aggiustamento della dinamica del saldo di finanza pubblica strutturale è indicata dal Ministro come “indispensabile” per evitare l’apertura di procedura di infrazione che “comporterebbe una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica e soprattutto comporterebbe costi ben superiori alla finanza pubblica del Paese [..] a seguito del probabile aumento dei tassi di interesse, che risentono fin qui soprattutto dell’accresciuta instabilità politica”. Le misure restrittive saranno accompagnate dallo stanziamento di una “cifra superiore a un miliardo di euro” a sostegno delle popolazioni colpite dai recenti eventi sismici.
La manovra che si delinea è restrittiva, mette a rischio la debole ripresa dell’economia italiana e rimane centrata su maggiori entrate, nonostante l’Italia presenti nel 2016 un gap con l’Eurozona di 1,8 punti di PIL di maggiore pressione fiscale. Inoltre l’utilizzo degli strumenti dello split payment e del reverse charge intacca l’equilibrio finanziario delle imprese, in un contesto caratterizzato – nonostante i bassi tassi di interesse – da un difficile accesso al credito, soprattutto delle piccole imprese: a novembre 2016 i prestiti alle imprese ristagnano (-0,1%), risultato di una performance positiva per le imprese medio grandi (+0,4%) e di un forte calo (-2,0%) per le piccole imprese. In particolare la riduzione dei prestiti è più accentuata nelle Costruzioni, il settore che risulta maggiormente esposto alla domanda di liquidità determinata dallo split payment a seguito della più alta incidenza di domanda pubblica sul fatturato delle imprese.
Ulteriori interventi sulle accise, per la parte relativa alle commodities energetiche, si inseriscono in un contesto in cui l’Italia è al 7° posto in Unione europea per peso della tassazione indiretta, pari al 15,5% del PIL, sale al 5° posto per la tassazione ambientale, pari al 3,6% del PIL e balza al 1° posto – a pari merito con la Slovenia – per tassazione sull’Energia, pari al 3,0% del PIL, di 1,1 punti superiore alla media UE, equivalente ad un extra gettito valutabile in 17.436 milioni di euro.
Prendendo a riferimento il gasolio, l’Italia si colloca al 15° posto tra i 19 Paesi dell’Eurozona per prezzo industriale del gasolio ma balza al 1° posto per prezzo pagato dalle imprese, compreso di accisa e pari a 1,144 euro al litro, davanti a Finlandia (1,091 euro al litro), Belgio (1,063 euro al litro, Francia (1,052 euro al litro) e Grecia (1,041 euro al litro). Nel dettaglio il prezzo al litro in Italia di 1,144 euro comprende 0,526 euro di costo industriale a cui si sommano 0,617 euro di accisa, la più alta dell’Eurozona: l’accisa supera del 17,3% il costo industriale.
La maggiore tassazione energetica non appare giustificata da motivazioni ambientali correlate al principio secondo il quale ‘chi inquina paga’: il prelievo fiscale per tonnellata di emissioni di CO2 nel settore trasporti su strada in Italia supera, infatti, del 19,1% la media dei principali quattro paesi dell’Eurozona.